Come è noto, l’avvocato stabilito che abbia esercitato la professione in Italia in modo effettivo e regolare, intendendosi come tale l’esercizio senza interruzioni “che non siano dovuti agli eventi della vita quotidiana” (art. 12 D. Lgs. n. 96/2001), per almeno tre anni è dispensato dal sostenere la prova attitudinale prevista dal D. Lgs. n. 115/1992, art. 8 (oggi abrogato, e sostituito dall’art. 22 del D. Lgs. n. 206/2007) e può iscriversi all’Albo degli Avvocati. La richiesta di dispensa dev’essere rivolta al Consiglio dell’Ordine presso cui è iscritto e corredata dalla documentazione comprovante l’esercizio effettivo e regolare dell’attività professionale per l’intero suddetto periodo. Il richiedente, inoltre, è tenuto a dichiarare l’esistenza di procedimenti penali o disciplinari a suo carico, pendenti o già definiti nello Stato membro di origine (art. 13, comma 2, del D. Lgs in argomento).
In ragione delle successive previsioni recate dalla medesima norma, il Consiglio territoriale è tenuto a verificare la regolarità e l’esercizio effettivo della professione da parte del richiedente, potendo al riguardo assumere informazioni dagli Uffici interessati.
Si soggiunge poi, al comma 5, che “anche prima della verifica dell’attività professionale svolta, il Consiglio dell’ordine può rigettare la domanda in pendenza di procedimenti disciplinari per altri gravi motivi, qualora sussistano ragioni di ordine pubblico”. Con riguardo a tale previsione, il Consiglio perugino chiede alla Commissione di chiarire se il rigetto della domanda di dispensa possa essere motivato in ragione della sola “pendenza di procedimenti disciplinari”, ovvero se il rigetto sia consentito nell’eventualità in cui i succitati procedimenti disciplinari dipendano da “altri gravi motivi, qualora sussistano ragioni di ordine pubblico”.
La Commissione osserva quanto segue.
L’iscrizione all’Albo degli Avvocati è regolata dall’art. 17 della Legge n. 247/2012, ove, al comma 1, lett. h), si prescrive che il richiedente l’iscrizione deve “essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice di deontologia forense”.
L’articolazione delle previsioni recate dall’art. 13 del D. Lgs. n. 96/2001 va pertanto esaminata alla luce dell’ineludibile principio recato dalla legge professionale, nel senso che è facoltà del Consiglio dell’ordine, all’esito della valutazione della domanda ed alla luce, ad esempio, della dichiarata pendenza di procedimenti penali o disciplinari nello Stato membro di origine, assumere e motivare la conseguente decisione, positiva o negativa, ai sensi del comma 4 della succitata norma. Peraltro, l’eventuale pendenza, contestuale alla richiesta di dispensa dall’esame attitudinale e di per sé prodromica all’iscrizione all’Albo ex art. 17 Legge n. 247/2012, di un procedimento disciplinare caratterizzato da gravi motivi interferenti con ragioni di ordine pubblico attribuisce al Consiglio la discrezionalità di rigettare la domanda, astenendosi dalla verifica del regolare ed effettivo esercizio triennale della professione.
La Commissione, quindi, ritiene che il dubbio interpretativo posto dal Consiglio perugino vada superato nel senso di dover ritenere che il comma 5 dell’art. 13 del D. Lgs. n. 96/2001 introduca una complessa ma unica causa giustificante il possibile rigetto della domanda di dispensa ancor prima di procedere alla verifica anzidetta. Va da sé che detta decisione presuppone la discrezionale valutazione da parte del Consiglio sia dei gravi motivi, sia delle ragioni di ordine pubblico che investono il procedimento disciplinare pendente all’atto della richiesta formulata dall’avvocato stabilito e che questi, quindi, possa impugnare tale decisione nel termine e nelle forme previsti dal precedente comma 4.
Consiglio nazionale forense (rel. Merli), parere del 24 giugno 2015, n. 62
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 62 del 24 Giugno 2015- Consiglio territoriale: COA Perugia, delibera (quesito)
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