Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli richiede un parere circa la possibilità, per il cliente, di rinunciare al patrocinio a spese dello Stato onde evitare al difensore la lunga procedura finalizzata alla liquidazione delle somme spettanti e, dunque, il quesito riguarda il tema se il difensore possa – in questa eventualità – formulare al giudice (dell’esecuzione, in questo caso) richiesta di pagamento dei soli propri compensi mediante richiesta di distrazione ex art. 93 c.p.c. senza incorrere in infrazione disciplinare.

Ebbene, il quesito menziona il precedente della Cassazione civile, a Sez. Unite, n. 8561 del 26.03.2021. In particolare, in tale sentenza, il Supremo Collegio, dirimendo il precedente contrasto giurisprudenziale, ha avuto modo di enunciare il principio secondo cui la richiesta di distrazione ex art. 93 c.p.c. non costituisce rinuncia implicita al beneficio del patrocinio a spese dello Stato da parte del cliente, con il quale questi è tenuto indenne dallo Stato, a prescindere dall’esito del giudizio, dal pagamento delle spese del proprio difensore; e ciò, sulla base della circostanza che mentre il beneficiario del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio è il cliente non abbiente (e non certo il difensore), l’istanza di distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c. costituisce un eccezionale diritto (in rem propriam) del difensore, che produce i suoi effetti solo quando la controparte sia condannata al pagamento delle spese e non esonera la medesima parte dagli obblighi che scaturiscono dal rapporto professionale.
Di qui, la conseguenza per cui il difensore è privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte assistita, compreso il diritto soggettivo all’assistenza dello Stato per le spese del processo, di talché “la rinuncia allo stesso può provenire solo dal titolare del beneficio”.
Tuttavia, se è vero che giuridicamente la richiesta di distrazione ex art. 93 c.p.c. non costituisce rinuncia implicita al beneficio del patrocinio a spese dello Stato da parte del cliente, è anche vero che la parte, nel momento in cui ha richiesto ed ottenuto un simile beneficio, ha anche trovato chi è tenuto a sostenere le spese a proprio favore, ossia lo Stato e non il difensore.
In questa prospettiva, dunque, va considerato che l’avvocato che abbia contezza del beneficio riconosciuto al proprio cliente, deve comunque agire in conformità al mandato ricevuto e deve altresì rappresentare al Giudice una situazione di fatto rispondente al vero, altrimenti incorrendo nelle relative violazioni deontologiche; ed infatti, il CNF, nelle sentenze nn. 76 e 180 del 2018, ha reputato violati i precetti di cui agli artt. 9 e 26 del NCDF in merito a fattispecie simili a quella di cui si discorre, esprimendo precedenti pertinenti, benché resi prima del citato pronunciamento della Suprema Corte, a Sezioni Unite.
Alla luce di quanto innanzi, dunque, si deve ritenere che l’avvocato, nell’ipotesi di previa istanza del proprio assistito di patrocinio a spese dello Stato, possa presentare istanza di distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c. solo laddove consti espressa rinunzia da parte del medesimo cliente al suddetto beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

Consiglio nazionale forense, parere n. 12 del 26 maggio 2023

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 12 del 26 Maggio 2023
- Consiglio territoriale: COA Napoli, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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