Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Matera richiede: “Se, alla luce dell’art. 68 codice deontologico forense, ove si prescrive che «l’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale», sia o meno ammissibile che l’avvocato, già nominato dal legale rappresentante di un ente quale difensore del ridetto ente nell’ambito di un processo penale, assuma, in costanza del ridetto mandato professionale, l’incarico (ulteriore) di difensore dello stesso legale rappresentante p.t. del menzionato ente sottoposto (questa volta in qualità di persona fisica) ad un (altro) processo penale (non connesso né da un punto di vista soggettivo né oggettivo al primo), in cui l’ente risulta essere persona offesa/danneggiato, ove occorra anche in presenza di una liberatoria rilasciata dall’ente (preventivamente all’assunzione del nuovo incarico) attestante l’assenza, in concreto di un conflitto di interessi in capo all’avvocato anche a mente dell’art. 24 codice deontologico forense”.

Onde dare compiuto riscontro al suddetto quesito, si espone quanto segue.
Innanzitutto, l’art. 24 del Nuovo Codice Deontologico Forense dispone, al comma 1, che “L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale”.
In particolare, l’obbligo di astensione dal prestare attività in conflitto di interessi, anche solo potenziale, risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato, ma anche alla loro apparenza (in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente), dovendosi in assoluto proteggere, tra l’altro, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone; trattasi, pertanto, di un precetto volto a tutelare l’immagine complessiva della categoria forense, in una prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale.
La citata norma deontologica, dunque, preserva valori di natura indisponibile e tipizza un illecito cd. di pericolo, di talché: (i) da un lato, neppure l’eventuale autorizzazione della parte assistita – pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della condizione di conflitto di interessi – può valere ad assolvere il professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività; (ii) dall’altro, stante la natura dell’illecito, quest’ultimo si verifica anche in mancanza di un danno effettivo.
In tal senso si è espresso il CNF, tra le altre, con le sentenze n. 235 del 3 dicembre 2022 e n. 174 del 17 ottobre 2022.
A tanto deve aggiungersi, poi, che, al fine di scongiurare anche la sola teorica possibilità di conflitto di interessi, l’art. 68, comma 1, del Nuovo Codice Deontologico Forense vieta all’avvocato di assumere un incarico professionale contro una parte già assistita prima che sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale. La ratio della norma richiamata va ricercata nell’esigenza di tutela dell’immagine della professione forense, ritenendosi non decoroso né opportuno che un avvocato muti troppo rapidamente cliente, passando nel campo avverso senza un adeguato intervallo temporale. Ciò vale non solo nell’ipotesi in cui il nuovo incarico sia inerente al medesimo procedimento nel quale il difensore abbia assistito un’altra parte, che abbia un interesse confliggente con quello del nuovo assistito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudizio successivamente instaurato, pur avendo un petitum diverso, scaturisca da un identico rapporto, a nulla rilevando un’eventuale differenza tra difesa formale e difesa sostanziale basata sulla distinzione tra parte assistita (parte della quale si spende processualmente il nome) e cliente (colui che dà l’incarico e che normalmente corrisponde l’onorario al professionista).
Si è espresso in questi termini il CNF, tra le altre, con le sentenze n. 133 del 16 settembre 2022 e n. 171 dell’11 ottobre 2022.
Alla luce di quanto innanzi, non si può ritenere ammissibile che l’avvocato, già nominato difensore di un ente nell’ambito di un processo penale, assuma, in costanza del ridetto mandato professionale, l’incarico (ulteriore) di difensore del legale rappresentante p.t. del menzionato ente sottoposto in un altro processo penale (non connesso né da un punto di vista soggettivo né oggettivo al primo), in cui l’ente risulta essere persona offesa/danneggiato.

Consiglio nazionale forense, parere n. 13 del 31 maggio 2023

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 13 del 31 Maggio 2023
- Consiglio territoriale: COA Matera, delibera (quesito)
abc, Prassi: pareri CNF

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