Ritiene la Commissione che dispieghi piena efficacia, nella specie, il divieto di cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare, ribadito dall’art. 57 della legge n. 247/12. Permane infatti, pure a seguito della sentenza di assoluzione in sede penale, l’interesse del CDD ad accertare la rilevanza disciplinare delle condotte che, come insegna la giurisprudenza di questo Consiglio, non è esclusa per il sol fatto dell’intervenuta assoluzione in sede penale. Se è infatti pacifico che “la sentenza penale irrevocabile ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento del fatto, alla eventuale sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso” (così, tra le molte, CNF, sent. n. 72/14), solo l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto” esclude la responsabilità disciplinare; anche in questo caso, tuttavia, è pur sempre necessario che l’insussistenza della responsabilità venga dichiarata dall’organo procedente. Nelle altre ipotesi, come noto, resta nella competenza dell’organo disciplinare “verificare se il comportamento accertato sia disciplinarmente sanzionabile” (così CNF n. 80/2013).
Consiglio nazionale forense (rel. Caia), parere del 24 maggio 2017, n. 35
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 35 del 24 Maggio 2017- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera (quesito)
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