Il quesito sembra riferirsi, nella sua pure imprecisa formulazione, al caso di cittadino extra-UE che, iscritto all’Albo in uno Stato dell’Unione, intenda esercitare il diritto di stabilimento.
Tale fattispecie è regolata dall’art. 3 del D. Lvo n.96/2001, con il quale si prevede che il titolo professionale dev’essere acquisito in uno Stato membro UE da un cittadino di uno degli Stati membri anzidetti. Si ricorda, a tale proposito, che ai cittadini degli stati membri dell’Unione sono equiparati, a mente dell’art. 1, comma 3 del D. Lgs. n. 96/2001, i cittadini di uno degli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo.
Nel precedente parere n. 47/11, reso su fattispecie analoga, questa Commissione ha chiarito che, ai sensi della disposizione richiamata, il soggetto che richieda l’iscrizione nella sezione speciale “Avvocati stabiliti” dell’Albo debba cumulare i due requisiti della cittadinanza di uno Stato membro dell’UE (o di uno Stato aderente allo Spazio economico europeo) e del possesso di titolo professionale valido nello Stato membro di provenienza, indipendentemente dal fatto che il titolo medesimo sia stato direttamente acquisito nel suddetto Stato, o ivi riconosciuto e/o omologato.
L’esercizio permanente in Italia della professione di avvocato è pertanto consentita, ai sensi del suddetto decreto legislativo, ai cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea e ai cittadini di uno degli altri Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo, in possesso del titolo di avvocato rilasciato da uno degli Stati membri del’UE.
Consiglio nazionale forense (rel. Salazar), parere del 19 ottobre 2016, n. 105
Quesito n. 239, COA di Roma
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 105 del 19 Ottobre 2016- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera (quesito)
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