Il COA di Milano chiede di sapere: 1) se la posizione dell’avvocato stabilito sia soggetta a termine, ovvero lo stesso possa rimanere iscritto a tempo indeterminato nella sezione speciale; 2) se l’avvocato stabilito che agisce d’intesa solo con l’avvocato A possa collaborare anche con l’avvocato B, sostituendolo anche in udienza; 3) se l’attività di cui al n. 2 possa essere validamente considerata ai fini del rilascio della dispensa dalla prova attitudinale

Con riferimento al primo quesito, si osserva che il D. Lgs. n. 96/2001, nel disciplinare l’esercizio “permanente” e “stabile” della professione forense da parte dell’avvocato iscritto in altro Stato membro dell’UE che intenda esercitare il diritto di stabilimento, non pone alcun limite temporale all’iscrizione nella sezione speciale dell’Albo riservata agli avvocati stabiliti. Il passaggio dalla sezione speciale all’Albo ordinario è consentita, ai sensi dell’art. 12 del medesimo D. Lgs. n. 96/2001, all’avvocato stabilito che abbia superato la prova attitudinale di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 115/92 (oggi abrogato, e sostituito dall’art. 22 del D. Lgs. n. 206/2007), ovvero all’avvocato stabilito che presenti domanda di dispensa dalla prova attitudinale e integrazione nell’Albo ordinario alle condizioni previste dallo stesso art. 12, ove ricorrano le condizioni per la dispensa dalla prova attitudinale di cui all’art. 12, commi 1 e 2. Va rilevato, tuttavia, che il comma 3 del citato art. 12 prevede la domanda di integrazione in termini solo eventuali (“L’avvocato stabilito che è stato dispensato dalla prova attitudinale […] può iscriversi nell’albo degli avvocati”). In assenza di tale domanda, ovvero nel caso di mancato rilascio della dispensa, ovvero ancora nel caso di mancato superamento della prova attitudinale, non si deducono dal testo della legge ragioni ostative alla permanenza dell’iscrizione dell’avvocato stabilito nella sezione speciale dell’Albo.
Con riferimento al secondo e al terzo quesito, si osserva che questa Commissione ha più volte chiarito la portata dell’intesa con l’avvocato italiano, specificando in particolare che “l’obbligo di esercitare la professione di intesa con un avvocato italiano implica che “non vi possa essere un affiancamento in via generale ad un avvocato abilitato ma che tale integrazione di poteri debba essere fornita per ogni singola procedura” (cfr. parere n. 68/2014; in senso conforme, cfr. parere CNF n. 31/12); d’altro canto, con il parere n. 42/14, la Commissione aveva chiarito che “ non essendo posti limiti dalla legge al numero di avvocati stabiliti con i quali un avvocato italiano possa “agire d’intesa” (a differenza di quel che avviene, ad esempio, in ordine al numero dei praticanti), non vi sia ragione perché questi non possa assisterne un numero indefinito”.
Da quanto sin qui esposto consegue che l’attività svolta dall’avvocato stabilito può essere valutata ai fini del rilascio della dispensa, ove ricorrano, oltre alle condizioni di cui all’art. 12, comma 2, del medesimo D. Lgs. in ordine alla verifica dell’effettività dell’esercizio della professione, la condizione dell’integrazione dei poteri a mezzo di intesa di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 96/2001, indipendentemente dal numero di avvocati con la quale questa sia intervenuta.

Consiglio nazionale forense (rel. Caia), parere del 17 luglio 2015, n. 77

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 77 del 17 Luglio 2015
- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera (quesito)
abc, Prassi: pareri CNF

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