Il quesito ricostruisce con precisione le norme del vigente ordinamento forense relative alla questione in oggetto, chiarendo che, in base all’art. 19, la professione è compatibile con l’insegnamento (o la ricerca) di materie giuridiche nelle università e nelle scuole secondarie, oltre che negli enti di ricerca. Viene poi riportata una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sez. un. 21949 del 28/10/2015), che valorizza tale disciplina segnalandone l’innovatività (rispetto al vecchio ordinamento) sotto il profilo della necessità si insegni appunto materie giuridiche e della esclusione delle scuole primarie.
La norma previgente (art. 3, comma 4, RD 1578/1933) era formulata in modo molto meno preciso di quella attuale, tanto da aver consentito alla Corte di cassazione di ritenere compatibile con la professione anche l’insegnamento nella scuola elementare (Cass, ss. un. 22623/2010), che ovviamente non ha ad oggetto materie giuridiche.
Tuttavia, l’art. 65 comma 3 del vigente ordinamento fa salvi espressamente gli avvocati già iscritti agli albi al momento dell’entrata in vigore della riforma, per i quali – afferma – l’art. 19 non si applica.
Se ne deve pertanto ricavare che per questi, anche sulla base del principio della tutela dei diritti quesiti, dovrebbe valere la clausola di salvaguardia anzidetta, con conseguente impossibilità di cancellarli dall’albo, valendo il nuovo più severo regime solo per le iscrizioni successive alla riforma forense.
Consiglio nazionale forense, parere n. 51 del 23 ottobre 2020
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 51 del 23 Ottobre 2020- Consiglio territoriale: COA Locri, delibera (quesito)
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