Il COA di Genova formula un quesito con riferimento all’orientamento di prassi espresso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali, secondo cui i provvedimenti di iscrizione dei professionisti nell’elenco dei mediatori familiari di cui all’art. 12-bis disp. att. c.p.c. e nell’elenco dei delegati alle operazioni di vendita di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c. – quali atti aventi efficacia lato sensu “abilitante” rispetto allo svolgimento di una data attività professionale – soggiacerebbero alla tassa sulle concessioni governative ai sensi del punto 8 dell’art. 22 della tariffa annessa al d.P.R. n. 641/1972, nella misura di € 168. Il COA Genova si domanda se sia corretta tale richiesta, atteso che il professionista che si iscrive in questi elenchi ha già assolto il pagamento della tassa sulle concessioni governative al momento dell’iscrizione nel proprio albo professionale.

La risposta è resa nei termini seguenti.
I. La tassa sulle concessioni governative di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 ha per presupposto l’adozione, da parte dell’amministrazione competente, di un atto o provvedimento amministrativo (concessioni, licenze, autorizzazioni, o altro genere di certificazioni/attestazioni) che garantisca all’interessato l’esercizio di un diritto o di una facoltà.
Tra le casistiche di rilievo e per quanto qui di interesse, l’art. 22, punto 8, della tariffa allegata al d.P.R. n. 641, include tra gli atti soggetti a tassazione i provvedimenti relativi all’iscrizione in albi o elenchi istituiti per l’esercizio di “attività industriali o commerciali e di professioni arti o mestieri”. Dal tenore della disposizione, si coglie immediatamente come l’applicabilità del tributo sulle concessioni governative, nelle fattispecie in esame, risulti ancorato alla sussistenza di uno specifico requisito, individuabile non tanto e non già nel mero rilascio di un provvedimento di iscrizione in un albo o elenco, quanto piuttosto nel legame di funzionalità esistente tra tale iscrizione e l’esercizio di un’attività di carattere “industriale”, “commerciale” o “professionale”; elemento, quest’ultimo, che, in un’ottica di commutatività, giustifica appunto l’applicazione del prelievo.
Proprio facendo leva su tale ordine di considerazioni, la prassi erariale (cfr. risoluzione n. 103/E del 2010) ha riconosciuto, ad esempio, l’applicabilità della tassa sulle concessioni governative con riferimento all’iscrizione nel previgente registro per l’ammissione al patrocinio del praticante avvocato di cui all’art. 8, comma 2, R.D.L. n. 1578/1933 e all’art. 7 della legge n. 479/1999, data la sussistenza del requisito legato a “l’esercizio di una professione”; la debenza della tassa è stata, per converso, esclusa “nel caso in cui l’iscrizione all’albo non abiliti all’esercizio di alcuna professione, come nell’ipotesi di iscrizione al primo anno nel registro speciale dei praticanti, di cui al comma 1 dell’articolo 8 del … RDL n. 1578 del 1933”.
II. Con specifico riferimento all’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’iscrizione nell’elenco dei mediatori familiari di cui all’art. 12-bis disp. att. c.p.c. e/o in quello dei delegati alle operazioni di vendita di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c., occorre, dunque, appurare se le menzionate previsioni si riferiscano o meno ad attività di natura professionale; l’esercizio di tali attività possa aver luogo solo a seguito dell’iscrizione nell’elenco appositamente istituito.
Riguardando la questione da questa prospettiva d’indagine ed in relazione all’elenco previsto dall’art. 12-bis disp. att. c.p.c., la disciplina in esame si inserisce, come noto, in un più ampio disegno innovatore operato nell’ambito della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) e finalizzato a garantire una maggiore e più spiccata “professionalizzazione” della figura del “mediatore familiare”. Confermando la riconducibilità della figura in parola entro il perimetro delle “professioni non organizzate in ordini o collegi” di cui alla L. n.4/2013, la novella normativa affida, in particolare, ad un apposito decreto ministeriale (cfr. Decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 27 ottobre 2023, n. 151, “Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare”) l’individuazione dei requisiti e degli obblighi formativi e deontologici relativi allo svolgimento dell’attività di mediatore familiare.
Sulla base della disciplina così delineata, appare subito chiaro come l’esercizio dell’attività di mediatore familiare non risulti subordinato al superamento di un esame di abilitazione, né imponga l’iscrizione del professionista in un apposito albo o elenco.
Se, dunque, da questo punto di vista, la conclusione dell’Agenzia delle Entrate, nel senso dell’applicabilità della tassa sulle concessioni governative a carico dei soggetti che richiedano l’iscrizione nell’elenco dei mediatori familiari, sembrerebbe prestare il fianco a consistenti obiezioni di ordine logico e sistematico (tanto più in presenza di professionisti che risultino già iscritti in un apposito albo ed abbiano, a tal fine, scontato la tassa di concessioni governative), sott’altro profilo, occorre considerare la peculiare funzione assunta, nell’ambito del regime sopra delineato, dal nuovo “elenco dei mediatori familiari” di cui all’art. 12-bis del Capo I-bis – Titolo II disp. att. c.p.c.
Tale disposizione prevede, invero, l’istituzione, presso ogni tribunale, di un apposito elenco cui è possibile attingere, ai sensi dell’art. 473-bis.10 c.p.c., ai fini del tentativo di mediazione familiare “endoprocessuale”. Il tutto, al fine di supportare le parti di causa nella scelta di un professionista di comprovata esperienza che possa gestire il percorso di composizione convenzionale della crisi coniugale e senza che tale adempimento possa spiegare una efficacia “abilitante/autorizzativa”.
In questo frangente, sembrerebbe giocoforza escludere che l’elenco di cui all’art. 12-bis disp. att. c.p.c. abbia la finalità di consentire ai soggetti ivi inseriti l’esercizio di un’attività (altrimenti preclusa) a contenuto “professionale”.
Questa ricostruzione è, del resto, convalidata anche dal punto di vista sistematico, se si tiene conto della collocazione delle norme relative all’elenco dei mediatori familiari all’interno del Titolo II disp. att. c.p.c., dedicato agli “esperti” e “ausiliari del giudice”. Da questo punto di vista, si dovrebbe concludere, in definitiva, che l’elenco dei mediatori familiari istituito nell’ambito della Riforma Cartabia abbia una mera funzione ricognitiva, in presenza di figure chiamate a svolgere, nell’ambito della mediazione endoprocessuale, un’attività sui generis che, pur non riconducibile stricto sensu tra quelle di carattere “ausiliario”, presenta innegabili punti di contatto con le funzioni e i compiti ordinariamente affidati ad “esperti” e “ausiliari del giudice”.
III. Un analogo ordine di considerazioni vale con riferimento all’elenco dei delegati alle operazioni di vendita di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c.
Come infatti ben noto, con tale disposizione il legislatore ha inteso rimediare al vuoto normativo esistente in materia, provvedendo con norma primaria a disciplinare le modalità di tenuta e formazione degli elenchi dei professionisti cui possono essere demandate le attività di vendita in materia di esecuzioni immobiliari ai sensi degli artt. 534-bis e 591-bis c.p.c.
L’elenco in tal modo formato – cui possono avere accesso, in particolare, “gli avvocati, i commercialisti e i notai che hanno una specifica competenza tecnica nella materia dell’esecuzione forzata, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti ai rispettivi ordini professionali” – è funzionale all’individuazione dei soggetti che siano in possesso di documentata esperienza e competenza in materia di esecuzione forzata e siano idonei, come tali, a svolgere le delicate funzioni di professionista delegato alle operazioni di vendita immobiliare.
Nel mutato assetto normativo, resta peraltro indubbia la natura della funzione affidata ai soggetti di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c. e la riconducibilità delle attività ad essi affidate nel novero delle attività “ausiliarie” rispetto a quelle del giudice.
Alla luce di quanto sopra ed indipendentemente dall’efficacia (abilitante o meno) che si ritenga di attribuire al provvedimento di iscrizione nell’elenco previsto dall’art. 179-ter disp. att. c.p.c., in mancanza di un’attività anche solo latamente qualificabile come attività di natura “professionale”, si ritiene che il presupposto applicativo della tassa sulle concessioni governative difetti in nuce con riferimento al caso dei delegati alle operazioni di vendita.
IV. Sul piano interpretativo e date le vistose analogie tra le due fattispecie, va peraltro dato conto del fatto che le conclusioni sopra rassegnate potrebbero entrare in rotta di collisione con il risalente e mai sconfessato indirizzo ministeriale relativo all’albo dei consulenti tecnici di cui all’art. 13 disp. att. c.p.c.: benché – al pari di quanto osservato in relazione all’art. 179-ter disp. att. c.p.c. – non si tratti di un adempimento funzionale all’esercizio, da parte del richiedente, di un’attività di natura professionale (, è, infatti, prassi tutt’oggi invalsa dei tribunali subordinare il rilascio dei provvedimenti di iscrizione all’albo dei CTU al versamento della tassa sulle concessioni governative in misura pari ad € 168,00.
In quest’ottica e in una prospettiva de iure condendo, sarebbe dunque senz’altro auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore, che – preso atto dell’incerto quadro normativo e delle specificità delle fattispecie sopra esaminate – si premuri di escludere l’applicabilità della tassa sulle concessioni governative, con riferimento agli elenchi di cui agli artt. 12-bis e 179-ter disp. att. c.p.c.

Consiglio nazionale forense, parere n. 24 del 22 marzo 2024

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 24 del 22 Marzo 2024
- Consiglio territoriale: COA Genova, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

Related Articles

0 Comment