1) In risposta al primo quesito, ritiene la Commissione di doversi pronunciare nel senso che non sia consentito all’Avvocato Stabilito, in forza delle prescrizioni contenute nella Direttiva 98/5/CE del Parlamento e del Consiglio 16 febbraio 1998, art. 1, comma 2, e del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n.96, esercitare la professione in Italia se non usando il titolo professionale d’origine: e conseguentemente che debba ritenersi abusiva l’adozione e l’utilizzo in qualsiasi occasione dell’abbreviazione di un titolo professionale di cui egli non sia in possesso.
2) Da quel che sopra è detto, per quel che concerne il secondo quesito, consegue che sia certo legittimo che il Consiglio dell’Ordine rifiuti l’inserzione nella propria anagrafica (e la conseguente pubblicità) di un indirizzo di PEC, ove illecitamente l’indicazione del titolo professionale non corrisponda a quello effettivo: ché, diversamente agendo, di tale illecito si renderebbe compartecipe.
3) Quanto al terzo quesito, il decreto legge 29 novembre 2008, n.185 (convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n.2) , all’art. 16, ha introdotto l’obbligo da parte dei professionisti di creare un proprio indirizzo di PEC e di comunicarlo agli Ordini o ai Collegi di appartenenza: la norma non consente dunque all’avvocato l’indicazione all’Ordine di un indirizzo PEC che non sia univoco e proprio, altra comunicazione non potendosi considerare valida ai fini del rispetto della norma di legge.
Consiglio nazionale forense (rel. Allorio), parere 22 ottobre 2014, n. 72
Quesito n. 338, COA di Benevento
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 72 del 22 Ottobre 2014- Consiglio territoriale: COA Benevento, delibera (quesito)
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