Espressioni sconvenienti od offensive ed exceptio veritatis: l’illecito non è scriminato dall’eventuale veridicità dei fatti

Le espressioni sconvenienti ed offensive (art. 52 cdf) assumono rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono usate e dalla veridicità dei fatti che ne costituiscono oggetto, essendo il relativo divieto previsto a salvaguardia della dignità e del decoro della professione, che, anche in presenza di comportamenti criticabili o perfino illeciti dei colleghi o di terzi, impongono all’avvocato di esprimere il proprio biasimo o di formulare la propria denuncia in modo rispettoso della personalità e della reputazione altrui, astenendosi da ingiustificata animosità e da toni irriguardosi, e ciò indipendentemente dalla considerazione delle possibili conseguenze civilistiche o penalistiche della sua condotta. Tale divieto non si pone affatto in contrasto con il diritto, tutelato dall’art. 21 Cost., di manifestare liberamente il proprio pensiero, il quale non è assoluto ed insuscettibile di limitazioni, ma trova concreti limiti nei concorrenti diritti dei terzi e nell’esigenza di tutelare interessi diversi, anch’essi costituzionalmente garantiti.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Ollà), sentenza n. 232 del 4 dicembre 2020

NOTA:
In senso conforme, da ultimo, Corte di Cassazione (pres. Raimondi, rel. Mercolino), SS.UU, sentenza n. 13168 del 17 maggio 2021.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 232 del 04 Dicembre 2020 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Palermo, delibera n. 3 del 17 Febbraio 2017 (sospensione)
abc, Giurisprudenza CNF

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