Il diritto-dovere di difesa non scrimina l’illiceità deontologica di espressioni gratuitamente offensive ed esorbitanti (perché non pertinenti né funzionali alla difesa), che in quanto tali si situano infatti ben al di là del normale esercizio del diritto di critica, per entrare nel campo, non consentito dalle regole di comportamento professionale, dello scherno del biasimo e della deplorazione dell’operato altrui, con conseguente violazione dei doveri di probità, dignità e decoro ai quali l’avvocato deve comunque conformarsi, giacché la libertà riconosciuta alla difesa non può mai tradursi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti e il giudice, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro (Nel caso di specie, l’incolpato aveva commentato l’udienza in corso con le frasi “io non farei passare all’esame nessuno all’esame di avvocato” e “andiamo a fare il ragù che facciamo prima”, entrambe pronunciate alla presenza della collega di controparte e del giudice anch’essa donna. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Favi), sentenza n. 275 del 28 giugno 2024
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 275 del 28 Giugno 2024 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: CDD Bologna, delibera del 13 Settembre 2021 (censura)
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