Affinché possa dirsi rispettato il canone deontologico posto dall’art. 24 cdf, non solo deve essere chiara la terzietà dell’avvocato, ma è altresì necessario che in alcun modo possano esservi situazioni o atteggiamenti tali da far intendere diversamente. La suddetta norma, invero, tutela la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del conflitto – per il significato anche sociale che essa incorpora e trasmette alla collettività, alla luce dell’id quod plerumque accidit, sulla scorta di un giudizio convenzionale parametrato sul comportamento dell’uomo medio, avuto riguardo a tutte le circostanze e peculiarità del caso concreto, tra cui la natura del precedente e successivo incarico.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Pardi, rel. Caia), sentenza n. 95 del 3 maggio 2021
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 95 del 03 Maggio 2021 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Lecce, delibera del 04 Dicembre 2017 (sospensione)
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