Affinché possa dirsi rispettato il canone deontologico posto dall’art. 24 cdf (già art. 37 codice previgente) non solo deve essere chiara la terzietà dell’avvocato, ma è altresì necessario che in alcun modo possano esservi situazioni o atteggiamenti tali da far intendere diversamente. La suddetta norma, invero, tutela la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del conflitto – per il significato anche sociale che essa incorpora e trasmette alla collettività, alla luce dell’id quod plerumque accidit, sulla scorta di un giudizio convenzionale parametrato sul comportamento dell’uomo medio, avuto riguardo a tutte le circostanze e peculiarità del caso concreto, tra cui la natura del precedente e successivo incarico.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Del Paggio), sentenza n. 60 del 16 luglio 2019
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 60 del 16 Luglio 2019 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Napoli, delibera del 14 Luglio 2016 (sospensione)
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