Conflitto di interessi: il consenso del cliente non scrimina l’illecito

L’art. 24 cdf mira ad evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte, a nulla rilevando la consapevolezza ed il consenso delle parti stesse a tale prestazione professionale.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Di Maggio), sentenza n. 160 del 25 luglio 2023

NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Merli), sentenza del 31 dicembre 2016, n. 394.
In arg. cfr. pure Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Corona), sentenza n. 170 del 23 settembre 2020, nonché Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Greco), sentenza n. 191 del 15 ottobre 2020, secondo cui, più in generale, l’illecito deontologico non è scriminato dal consenso dell’avente diritto, salvo espresse e tassative eccezioni (ad es., il trattenimento di somme riscosse per conto del cliente, a titolo di compensazione con un proprio credito professionale, se sussiste il consenso del cliente).

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 160 del 25 Luglio 2023 (respinge) (richiamo)
- Consiglio territoriale: CDD Brescia, delibera del 08 Febbraio 2018 (richiamo)
abc, Giurisprudenza CNF

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