Comportamenti o espressioni sconvenienti nei confronti del giudice

La violazione dell’art. 53 cdf, che impone al professionista di mantenere con il giudice un rapporto improntato alla dignità ed al rispetto della persona del giudicante e del suo operato, si configura anche nell’utilizzo di espressioni sconvenienti in quanto dirette consapevolmente ad insinuare nei confronti del magistrato il sospetto di illiceità ovvero la violazione del dovere di imparzialità nell’esercizio delle funzioni. La tutela del diritto di difesa critica, il cui esercizio non può travalicare i limiti della correttezza e del rispetto della funzione, non può tradursi, ai fini dell’applicazione della relativa “scriminante”, in una facoltà di offendere, dovendo in tutti gli atti ed in tutte le condotte processuali rispettarsi il dovere di correttezza, anche attraverso le forme espressive utilizzate (Nel caso di specie, al fine di provocarne l’astensione per asseriti pregressi incrinati rapporti, l’avvocato tacciava il giudice di scorrettezza ed incompetenza, abbandonando l’aula d’udienza e rifiutando di stringergli la mano. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per anni uno).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Sorbi), sentenza n. 202 del 15 ottobre 2020

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 202 del 15 Ottobre 2020 (respinge) (sospensione)
- Consiglio territoriale: CDD Messina, delibera del 23 Aprile 2020 (sospensione)
abc, Giurisprudenza CNF

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