Il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 29 codice deontologico (già art. 43 codice previgente) solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa (Nel caso di specie, l’avvocato aveva fatto sottoscrivere al cliente un accordo sul compenso, determinato in 1/3 dell’importo liquidato dall’assicurazione quale risarcimento del danno causato dalla morte del congiunto. Rilevato che tale importo risultava tre volte superiore al compenso massimo determinato secondo le tariffe professionali vigenti, ciò pure considerando tutti gli eventuali aumenti ivi previsti, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Di Maggio), sentenza n. 86 del 24 giugno 2020
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 86 del 24 Giugno 2020 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 12 Dicembre 2016 (censura)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 6002 del 04 Marzo 2021 (respinge)
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