Il CNF esercita legittimamente la propria funzione giurisdizionale anche in assenza di una sezione disciplinare

In tema di giudizi disciplinari innanzi al Consiglio nazionale forense, i quali hanno natura giurisdizionale, in quanto si svolgono dinanzi ad un giudice speciale istituito dall’art. 21 del d.lgs. Lt. n. 382 del 1944 (tuttora operante, giusta la previsione della VI disposizione transitoria della Costituzione), la spettanza al Consiglio – in attesa della costituzione, al […]

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I criteri per la determinazione della sanzione più idonea da irrogarsi in concreto, anche prima delle “aggravanti” in senso tecnico

A più piena garanzia dell’incolpato, il vigente codice deontologico forense tipizza la determinazione della sanzione disciplinare “nei casi più gravi” (art. 22). Tuttavia, anche nel sistema codicistico previgente era possibile individuare la sanzione disciplinare più adeguata al caso concreto avendo riguardo gli elementi previsti dall’art. 133 e dall’art. 133-bis cod. pen., che non integrano circostanze […]

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Successione di norme deontologiche nel tempo e favor rei: quando è superfluo individuare la normativa più favorevole per l’incolpato

Il nuovo codice deontologico si applica retroattivamente, se più favorevole all’incolpato ai sensi dell’art. 65 L. n. 247/2012 (che ha esteso alle sanzioni disciplinari il canone penalistico del favor rei, in luogo del tempus regit actum). Tuttavia, in sede di Legittimità può prescindersi dall’effettiva qualificazione di quale sia il sistema -attuale o previgente- più favorevole […]

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Illecito disciplinare: la gravità deontologica della condotta non deve essere specificamente contestata all’incolpato

Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati, gli elementi valutati in concreto per la determinazione della specie e dell’entità della sanzione non attengono all’an od al quomodo della condotta, ma solamente alla valutazione della sua gravità e devono, in sostanza, reputarsi quali meri parametri di riferimento a questo solo scopo, in quanto tali analoghi a […]

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L’azione contro il cliente per il pagamento del compenso professionale presuppone la rinuncia al mandato

Vìola l’art. 34 cdf (già art. 46 codice previgente) l’avvocato che agisca contro l’assistito per il recupero di un proprio credito professionale, senza avere previamente rinunciato al mandato (Nel caso di specie trattavasi di una procedura di pignoramento presso terzi). Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Secchieri), sentenza del 29 novembre 2018, n. 164

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La sanzione è aggravata se l’illecito disciplinare è commesso da un Consigliere dell’Ordine

La determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti (art. 21 ncdf), avuto riguardo alla gravità dei comportamenti contestati, al grado della colpa o all’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato precedente e successivo al fatto, all’assenza di precedenti […]

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Il conflitto di interessi tra avvocato e cliente non è scriminato dall’eventuale presenza di un codifensore (che se ne facesse garante)

Il rapporto tra difensore ed assistito deve essere sempre diretto e basato sulla fiducia, e l’avvocato deve evitare sempre di trovarsi in posizione di conflitto di interessi anche potenziale con il proprio cliente: ciò, tanto nell’ipotesi che sia il solo difensore, quanto nella diversa ipotesi che altri colleghi siano associati a lui nella difesa del […]

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Rinuncia o revoca del mandato: fino al subentro del nuovo difensore, permane il dovere di informare l’ex cliente (ma non di depositare atti giudiziari)

La rinuncia al mandato difensivo non produce effetto nei confronti della (sola) altra parte, sino al momento della sostituzione del precedente difensore, ma non nei confronti del patrocinato, sicché permangono, in via esemplificativa, l’elezione di domicilio e l’obbligo di informare l'(ex) assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute, ma non quello di provvedere al deposito […]

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La rinuncia al mandato difensivo ha carattere recettizio e deve essere inequivoca

Quantunque l’art. 85 c.p.c. non prescriva alcuna formula sacramentale per la comunicazione all’assistito della rinuncia al mandato, la stessa -avendo carattere recettizio- ai fini della sua validità deve essere univoca nell’esprimere, senza ambiguità alcuna, la decisione di non proseguire nell’attività difensiva in favore del cliente (Nel caso di specie, l’avvocato aveva manifestato al proprio assistito […]

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