In tema di cancellazione dall’Albo per incompatibilità dell’avvocato dipendente pubblico part-time, devono ritenersi manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della legge n. 393/03 sollevate in riferimento alla asserita mancata previsione di una disciplina transitoria ed alla violazione di situazioni giuridiche soggettive ormai consolidatesi. Il divieto ripristinato dalla legge n. 339/2003 deve essere invero ritenuto coerente con la caratteristica dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”, non incontrando la discrezionalità del legislatore, libero di introdurre nuove discipline anche opposte a quella in vigore purché non contrastanti con le norme costituzionali e non irragionevoli, il limite del rispetto dei c.d. “diritti quesiti”. Peraltro, non può ritenersi che la suddetta disciplina dovesse necessariamente essere indirizzata nel senso di escludere l’applicazione del nuovo regime restrittivo a coloro che già risultavano (legittimamente) iscritti nell’albo, anche perché non può dirsi che una disciplina transitoria manchi, essendo questa al contrario individuabile proprio nell’art. 2, co. 1, l. cit., che opportunamente e ragionevolmente prevede un adeguato periodo di “moratoria” per esercitare l’opzione tra l’impiego e la libera professione (come altresì puntualizzato dalla Corte cost. con l’ord. n. 91/09). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Firenze, 21 febbraio 2007).
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 44 del 18 Giugno 2010 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Firenze, delibera del 21 Febbraio 2007
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