In tema di cancellazione dall’Albo per incompatibilità dell’avvocato dipendente pubblico part-time, il divieto ripristinato dalla legge n. 339/2003 deve essere ritenuto coerente con la caratteristica (peculiare della professione forense tra quelle il cui esercizio è condizionato all’iscrizione in un albo) dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”, non incontrando la discrezionalità del legislatore, libero di introdurre nuove discipline anche opposte a quella in vigore purché non contrastanti con le norme costituzionali e non irragionevoli, il limite del rispetto dei c.d. “diritti quesiti”. Peraltro, pur prescindendo dal rilievo che una tale posizione debba inquadrarsi più correttamene nella categoria delle mere aspettative che non tra i diritti, non può ritenersi che la suddetta disciplina dovesse necessariamente essere indirizzata nel senso di escludere l’applicazione del nuovo regime restrittivo a coloro che già risultavano (legittimamente) iscritti nell’albo, anche perché non può dirsi che una disciplina transitoria manchi, essendo al contrario essa individuabile proprio nel primo comma dell’art. 2, l. cit., che opportunamente e ragionevolmente prevede un adeguato periodo di “moratoria” per esercitare l’opzione tra l’impiego e la libera professione (come altresì puntualizzato dalla Corte cost. con l’ord. n. 91/09). Va pertanto ritenuta manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 35 co.1 e 41 Cost., la q.l.c. degli artt.1 e 2 della Legge n. 330/05, prospettata sotto il profilo della asserita violazione dei diritti c.d. quesiti e dei correlati principi, di carattere interno e comunitario, di tutela dell’affidamento, di eguaglianza, sicurezza giuridica, ragionevolezza e proporzionalità.
Va rigettata la richiesta di sospensione del giudizio innanzi al CNF per essere state prospettate alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 234 C.E., talune questioni relative alla compatibilità della legge del 2003 con i principi che regolano il diritto comunitario, atteso che tali questioni, sollevate con riguardo ai parametri della concorrenza e della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati, possono eventualmente assumere rilevanza solo in riferimento agli avvocati esercenti la professione pleno jure e non già anche a quelli esercenti in regime di part time. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Cremona, 5 giugno 2007).
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. FLORIO), sentenza del 23 dicembre 2009, n. 217
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 217 del 23 Dicembre 2009 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Cremona, delibera del 05 Giugno 2007
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