Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Scriminante diritto di critica – Limiti

Ancorché il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario costituisca facoltà inalienabile del difensore, tale diritto deve essere sempre esercitato, in primo luogo, nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’orientamento processuale e mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa. Proprio la giusta pretesa di vedere riconosciuta a tutti i livelli una pari dignità dell’avvocato rispetto al magistrato impone, nei reciproci rapporti, un approccio improntato sempre allo stile e al decoro, oltre che, ove possibile, all’eleganza, mai al linguaggio offensivo o anche al mero dileggio.
Le espressioni utilizzate dal professionista esorbitano dal diritto di critica, con conseguente inconfigurabilità della relativa scriminante, allorquando, come nella specie, l’avvocato non si limiti ad indicare, nell’ambito dell’intervista rilasciata agli organi di stampa, le ragioni per cui ritenga erronea la decisione del giudice, ma ponga in dubbio la stessa capacità del magistrato di giudicare in modo sereno e corretto, accusando l’organo giudiziario di versare in uno status soggettivo patologico e caratteriale (schizofrenia, arroganza e presunzione) tale da comprometterne la capacità di giudizio e di essere condizionato da finalità estranee al processo (giustizialismo). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Latina, 28 novembre 2006).

Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. ALPA), sentenza del 22 ottobre 2010, n. 101

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 101 del 22 Ottobre 2010 (respinge)
- Consiglio territoriale: COA Latina, delibera del 28 Novembre 2006
abc, Giurisprudenza CNF

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