Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con i colleghi – Espressioni sconvenienti ed offensive – Illecito deontologico – Provocazione – Irrilevanza

Costituisce comportamento certamente disdicevole, e pertanto disciplinarmente rilevante, l’aver attribuito ad un Collega l’intento «di aver perseguito (nel corso della difesa espletata per conto dell’incolpato) personalissimi, miseri, se non vili interessi di bottega», trattandosi di condotta che, trascendendo i limiti di continenza e pertinenza della critica consentita, e trasmodando quindi in un attacco alla sfera privata della altrui persona, si pone ben al di là di un corretto e leale contraddittorio infrangendo i limiti di decoro e di dignità imposti dall’etica professionale.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che presenti una denuncia-querela a carico di un Collega per i gravi reati, tra gli altri, di patrocinio infedele ed abbandono di difesa e coltivi tale iniziativa anche quando il Tribunale ne abbia disposto l’archiviazione, dopo l’opposizione dell’incolpato, siccome ritenuta assolutamente infondata, trattandosi di un contegno violativo di consolidati canoni deontologici che impongono al professionista forense diligente scrupolo e grande prudenza e cautela nel promuovere azioni legali contro i colleghi.
Secondo un principio ampiamente consolidato nella giurisprudenza del CNF, in materia disciplinare la provocazione non vale come esimente, ma può solo essere considerata come possibile attenuante ai fini della riduzione della sanzione, il procedimento disciplinare avendo cause, svolgimento e fini ben diversi da quelli del procedimento penale. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 15 marzo 2007)

Consiglio Nazionale Forense (pres. Perfetti, rel. BONZO), sentenza del 9 giugno 2008, n. 44

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 44 del 09 Giugno 2008 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 15 Marzo 2007
abc, Giurisprudenza CNF

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