Ai sensi dell’art. 20 c.d.f., la provocazione non esclude l’infrazione della regola deontologica che vieta l’uso di espressioni sconvenienti e offensive da parte dell’avvocato nell’esercizio della propria attività professionale nei confronti dei colleghi, dei magistrati, delle controparti e dei terzi in genere. Nei rapporti con i magistrati, in particolare, e in special modo rispetto ai loro provvedimenti, al difensore è riconosciuto il più ampio e completo diritto di critica nell’interesse dei propri assistiti, nei confronti dei quali si configura un vero e proprio dovere deontologicamente riconosciuto e sanzionato. Siffatto diritto/dovere di critica dell’avvocato verso il magistrato, peraltro, deve essere sempre esercitato nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’ordinamento processuale, e mai può travalicare i limiti della correttezza e del rispetto della funzione giudicante. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Pisa, 26 novembre 2004).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Bulgarelli), sentenza del 22 aprile 2008, n. 23
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 23 del 22 Aprile 2008 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Pisa, delibera del 26 Novembre 2004
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