Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con i colleghi e con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Illecito deontologico

Deve ritenersi intrinsecamente offensiva la frase con cui il professionista, nei suoi scritti difensivi, adombri il sospetto di una condiscendenza del magistrato nei confronti del collega avversario in virtù della qualifica di quest’ultimo di membro del Consiglio dell’ordine cui appartiene anche il primo. Una siffatta espressione, oltre che offensiva e sconveniente, non è giustificabile in alcun modo ed è idonea a far dubitare non solo del decoro e dell’onore delle persone cui si riferiscono ma anche di quelli dell’intera classe forense, generando il dubbio nella collettività che in tribunale i provvedimenti giurisdizionali possano essere pronunciati per favorire taluno o danneggiare tal’altro.
Va riformata la decisione con cui il CdO irroghi la sanzione della sospensione per mesi due senza tenere conto che le espressioni offensive disciplinarmente rilevanti, seppur contenute in atti diversi, sono state pronunciate nel medesimo contesto, come tale idonee ad essere valutate quale frutto di una reazione in continenti e non ex intervallo (nella specie, il CNF, riformando in parte qua l’impugnata decisione, ha irrogato a carico del ricorrente la sanzione della censura). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Chieti, 27 giugno 2006).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. Perfetti), sentenza del 22 aprile 2008, n. 28

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 28 del 22 Aprile 2008 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Chieti, delibera del 27 Giugno 2006
abc, Giurisprudenza CNF

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