Avvocato – Norme deontologiche – Rapporti con i colleghi – Azione giudiziaria nei confronti di altro collega – Dovere di preventiva comunicazione – Limiti – Pregiudizio del diritto da tutelare – Nozione – Competenza territoriale – Illecito omissivo – Consumazione

L’adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 22 canone II c.d.f. nell’attuale formulazione, deve ritenersi soddisfatto nel concorso di tre requisiti: quello formale, consistente nell’adozione dello scritto quale veicolo della comunicazione; quello sostanziale, consistente nel rendere chiara l’intenzione di chi comunica che agirà in giudizio; l’ultimo, anch’esso di carattere sostanziale, consistente nel palesare la ragione dell’iniziativa. Mentre il primo requisito ha la funzione di impedire qualsiasi equivoco, il secondo ed il terzo consentono al destinatario della comunicazione di evitare di essere convenuto in giudizio rimuovendo, o tentando di rimuovere, le ragioni della controversia, cosa che risulta possibile solo se la comunicazione sia titolata, esplicando i motivi del contrasto, e consenta quello spatium deliberandi da parte del destinatario che possa permettere a quest’ultimo di evitare la sede giudiziaria. E’ pertanto configurabile la violazione della predetta norma nel caso in cui l’avvocato che intenda agire giudizialmente nei confronti del collega abbia predisposto ed inoltrato a costui la comunicazione informativa quando già sia stata richiesta la notifica agli Ufficiali Giudiziari (nella specie, peraltro, effettuata in via di urgenza), a nulla rilevando che la comunicazione stessa sia pervenuta prima dell’avvenuta, effettiva notificazione.
Al fine di radicare la relativa competenza territoriale, l’illecito deontologico consistente nell’omessa comunicazione dovuta al Collega contro cui si intenda agire giudizialmente ex art. 22 canone II c.d.f. deve ritenersi consumato all’atto dell’incameramento dell’atto di citazione da parte dell’Ufficio UNEP della Corte di Appello non preceduto dalla suddetta comunicazione.
Al fine di valutare la ricorrenza del pregiudizio che la preventiva comunicazione dell’intenzione di agire in giudizio ex art. 22 c.d.f. possa arrecare al diritto da tutelare, nella potenziale collisione tra il dovere di colleganza, di cui è espressione lo stesso art. 22, ed il dovere di difesa è sempre quest’ultimo a prevalere, essendo l’obbligo di colleganza – come consegue altresì dalla lettura del novellato art. 23 c.d.f. – sempre sottordinato rispetto al dovere di difesa. All’avvocato, tuttavia, e non certamente all’assistito, spetta e compete la verifica di questo bilanciamento e della compatibilità tra le due predette esigenze, atteso che i doveri deontologici non possono essere trascurati al fine di adempiere alle istruzioni dei clienti. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Torino, 2 ottobre 2008).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. BORSACCHI), sentenza del 13 dicembre 2010, n. 200

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 200 del 13 Dicembre 2010 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Torino, delibera del 02 Ottobre 2008
abc, Giurisprudenza CNF

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