Non può essere imputato al professionista la scelta di una strategia processuale, limitata ad una difesa basata su eccezioni meramente processuali tendente ad ottenere un accordo transattivo, che ex post, ossia all’esito del giudizio, sia risultata non vincente. Invero, nella prospettazione ex ante, quale è quella nella quale si trovava il difensore all’epoca e dalla quale va compiuta la valutazione del Collegio giudicante, non è sempre agevole discernere con certezza quale possa essere il comportamento più idoneo ad ottenere il risultato sperato, sempre che non si sconfini nella mala fede o nella colpa grave sanzionate dall’art. 6 codice deontologico forense.
Al di fuori del dolo o della colpa grave del difensore, non rientra fra i compiti del giudice disciplinare sindacare nel dettaglio il “modus procedendi” di un difensore nel condurre una trattativa stragiudiziale – trattandosi comunque di un’attività estremamente difficile in virtù dei numerosi elementi, anche di carattere psicologico, che entrano in gioco – salvo che, nel caso concreto, non siano ravvisabili elementi di fatto che consentano di affermare con certezza che la strategia adottata sia in contrasto con la volontà dell’assistito.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Bulgarelli), sentenza del 25 marzo 2008, n. 3
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 3 del 25 Marzo 2008 (accoglie) (censura)- Consiglio territoriale: COA Novara, delibera del 17 Ottobre 2005 (sospensione)
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