Atteso che, in materia di deontologia forense, non v’è alcuna distinzione tra l’attività professionale e quella privata dell’avvocato, la seconda comunque rilevando ai fini di una valutazione disciplinare, non può affermarsi che i fatti riconnessi al procedimento penale definito con sentenza irrevocabile di condanna del ricorrente, in quanto non inerenti all’attività professionale ma alla vita privata del professionista, non possano essere sottoposti a giudizio disciplinare. Invero, la commissione di fatti contrari ai doveri generali di probità, dignità e decoro cui l’avvocato deve sempre ispirare la propria condotta, impone l’esercizio dell’azione disciplinare, allorquando i fatti si riflettano sulla reputazione professionale del professionista o compromettano l’immagine della classe forense. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Pistoia, 4 ottobre 2002).
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. EQUIZZI), sentenza del 15 dicembre 2006, n. 163
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 163 del 15 Dicembre 2006 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Pistoia, delibera del 04 Ottobre 2002
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