Avvocato – Norme deontologiche – Doveri di probità, dignità e decoro – Presidente del C.d.O. – Gestione autonoma e personale delle risorse economiche del C.O.A. – Inosservanza delle forme deliberative e delle regole contabili – Illecito disciplinare – Sussistenza

Deve ritenersi disciplinarmente rilevante la condotta dell’avvocato che in qualità di Presidente del Consiglio dell’Ordine, dopo aver sollecitato ed ottenuto da privati ed Enti il versamento di contribuzioni in denaro a favore dell’Ordine territoriale allo scopo di finanziare convegni, manifestazioni ed altre iniziative organizzate dal Consiglio, gestisca poi tali somme in modo autonomo e personale nonché al di fuori del bilancio dell’Ordine, mediante conti correnti bancari sui quali egli soltanto abbia la firma e senza presentare alcun rendiconto, così violando i doveri di dignità, probità e decoro nonché le regole contabili di trasparenza e pubblicità dei bilanci che discendono direttamente dalla carica di Presidente del COA.
Deve ritenersi del tutto inaccettabile una gestione economica delle attività riferibili all’Ordine forense che non segua il rigoroso tracciato di decisioni assunte nelle forme deliberative e trasparenti dal Consiglio, il quale è tenuto a rispondere dal punto di vista contabile, al Foro e ad ogni Autorità che sia deputata a controllarne la corretta amministrazione, di ogni iniziativa istituzionale e non che importi l’utilizzo e la destinazione di risorse economiche che costituiscano comunque patrimonio dell’Ordine. Pone pertanto in essere un illecito deontologico l’avvocato che, nella qualità di Presidente del Consiglio dell’Ordine, prelevi una somma di denaro da un conto corrente intestato all’Ente senza alcuna delibera autorizzativa del Consiglio ed al di fuori di ogni finalità istituzionale, a prescindere dalla effettiva utilizzazione della somma prelevata. Lo storno di parte delle sostanze del COA in difetto di qualsivoglia comprovata giustificazione perchè in assenza di una formale delibera dell’organo consiliare, configura infatti un evidente abuso in danno dell’Ordine, integrante il delitto di appropriazione indebita del professionista, esercente sulle somme del COA una indebita signoria uti dominus idonea a realizzare l’interversione del possesso necessaria ad integrare la fattispecie criminosa. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 30 maggio 2007).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. PERFETTI, rel. BONZO), sentenza del 14 luglio 2010, n. 49

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 49 del 14 Luglio 2010 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Bologna, delibera del 30 Maggio 2007
Giurisprudenza CNF

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