Il comportamento del professionista che, nella qualità di difensore di più persone in una causa di divisione di eredità, autentichi sulla delega a margine dell’atto di appello le firme di coeredi che invece mai l’abbiano apposta, non integra violazione dei principi di probità (art. 5 c.d.) e verità (art. 14 c.d.), dovendo piuttosto essere ravvisata una responsabilità per violazione del dovere di diligenza (art. 8 c.d.), il quale si sostanzia, appunto, nella attenzione che deve essere prestata nella certificazione della autografia della procura, attesa la rilevanza che questa attività del difensore ha nell’ambito del giudizio. Tuttavia, pur non essendo in discussione il principio sulla responsabilità dell’avvocato nella certificazione dell’autografia, può riconoscersi che laddove, come nella specie, non vi sia stata una cosciente volontà di venir meno ai propri doveri, difetta la volontarietà dell’azione, che è elemento indispensabile (art. 3 c.d.f.) per sanzionare un comportamento deontologicamente rilevante. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano, 27 gennaio 2005).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. CRICRI’, rel. DANOVI), sentenza del 29 dicembre 2006, n. 208
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 208 del 29 Dicembre 2006 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 27 Gennaio 2005
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