In tema di espressioni sconvenienti ed offensive, la circostanza che le frasi contestate non individuino un destinatario persona fisica, poiché rivolte all’iter processuale o alla sentenza, non giustifica la violazione della norma deontologica, poiché il difensore deve sempre attenersi a comportamenti improntati a correttezza e lealtà nel rispetto del giudicante, inteso quest’ultimo non solo come persona ma anche come funzione.
Benché l’avvocato possa e debba utilizzare fermezza e toni accesi nel sostenere la difesa della parte assistita o nel criticare e contrastare le decisioni impugnate, tale potere/dovere trova un limite nei doveri di probità e lealtà, i quali non gli consentono di trascendere in comportamenti non improntati a correttezza e prudenza, se non anche offensivi, che ledono la dignità della professione. La libertà che viene riconosciuta alla difesa della parte non può mai tradursi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti ed il giudice, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro. (Nella specie, l’atto di appello redatto dagli incolpati sottendeva, neppure troppo velatamente, l’imparzialità del giudice di primo grado, in un contesto “aggressivo” nel quale prevaleva una ingiustificata vis polemica inutile ai fini di una efficace difesa). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Vicenza, 5 novembre 2008).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Pisano), decisione del 21 aprile 2011, n. 74
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 74 del 21 Aprile 2011 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Vicenza, delibera del 05 Novembre 2008
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