La ratio dell’art. 3 u.c. lett. b) della legge professionale, che stabilisce in linea generale l’incompatibilità della professione forense con attività dipendenti, va individuata nell’esigenza di tutelare l’indipendenza di dette professioni e l’autonomia di giudizio e d’iniziativa degli avvocati nella difesa e patrocinio degli interessi del cliente. La mancanza di questi argomenti, infatti, incide negativamente sulla libertà di determinazione del professionista. Eccezione e tale divieto è prevista per il rapporto di impiego pubblico in ragione della condizione di presunta maggior autonomia nella quale avvocati e procuratori degli uffici legali di enti pubblici esplicano tale loro attività (è stata pertanto cancellata l’iscrizione all’Elenco speciale annesso all’Albo di un professionista che è risultato essere dipendente della SIP, società per azioni strutturata privatisticamente). (Respinge ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 22 dicembre 1987).
Consiglio Nazionale Forense (pres. LANDRISCINA, rel. MAZZAROLLI), decisione del 10 gennaio 1989, n. 6
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 6 del 10 Gennaio 1989 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 22 Dicembre 1987
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