Secondo l’art. 52 del Trattato di Roma, stipulato il 25 marzo 1957, e ratificato per l’Italia con legge 14 ottobre 1957, la libertà di stabilimento del professionista per l’accesso alle « attività non salariate ed al loro esercizio » è subordinata dalla sussistenza delle « condizioni definite dal paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini ». La laurea in giurisprudenza, in Italia, è titolo essenziale, ma non sufficiente, per l’accesso agli Albi professionali: la iscrizione all’Albo degli avvocati e dei procuratori è infatti subordinata anche al superamento di un particolare esame, che il laureato in giurisprudenza, iscritto nel Registro dei praticanti, può affrontare dopo un periodo di pratica svolto nei modi e nei tempi disciplinati dalla legge.
Nella fattiscpecie è stata pertanto respinta l’istanza di iscrizione all’Albo degli avvocati presentata da un ‘avvocato belga che, pur avendo conseguito anche la laurea in legge in Italia, non aveva però svolto il prescritto periodo di pratica professionale, né superato l’esame di abilitazione alla professione. (Respinge ricorso contro decisione Consiglio Ordine Firenze, 24 febbraio 1988).
Consiglio Nazionale Forense (pres. LANDRISCINA, rel. CASALINUOVO), decisione del 1° marzo 1989, n. 48
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 48 del 01 Marzo 1989 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Firenze, delibera del 24 Febbraio 1988
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