Avvocato e procuratore – Norme deontologiche – Uso di frasi sconvenienti ed offensive – Rapporti con i colleghi – Esame circa la volontà di offendere – Illecito deontologico – Non sussiste.

Per dar luogo alla censurabilità delle espressioni usate dal professionista forense nei confronti di un collega occorre avere la prova che l’agente aveva la volontà di offendere l’altrui patrimonio morale, così che non deve trascurarsi l’indagine sulla buona fede e sulle cause giustificative. Nella fattispecie il Consiglio nazionale forense, considerate le precise finalità processuali che le avevano determinate, ha escluso che nelle espressioni, pur colorite e suggestive, usate dagli incolpati nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato contro un collega, vi fosse l’intenzionabilità di offendere il suo decoro e ha prosciolto i professionisti dai capi di incolpazione loro ascritti. (Accoglie ricorso contro decisione Consiglio Ordine Venezia, 23 maggio 1988).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Grande Stevens, rel. De Palma), decisione del 17 luglio 1989, n. 97

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 97 del 17 Luglio 1989 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Venezia, delibera del 23 Maggio 1988
Giurisprudenza CNF

Related Articles

0 Comment