È contrario al dovere di probità, dignità e decoro e lesivo del prestigio, della dignità e del decoro della classe forense, il comportamento del legale che subordini la consegna ai clienti delle somme ricevute in esecuzione del mandato alla determinazione e al pagamento delle proprie spettanze; che non emetta fatture su somme ricevute o trattenute, pur essendo stato ripetutamente invitato a farlo; che richieda la liquidazione di onorari per l’attività professionale non svolta; che imputi a titolo di palmario somme ricevute a titolo di anticipazione spese, in quanto il palmario è subordinato all’evento, futuro e incerto, dell’esito definitivo della causa, mentre gli acconti, versati in pendenza di causa, certamente non sono consegnati a titolo di parlmario, atteso che la causa non aveva ancora avuto definitivo esito favorevole (nella fattispecie, in considerazione di taluni aspetti della vicenda, dell’età e della personalità dell’incolpato, la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione è stata ridotta da mesi dodici a mesi sei). (Accoglie parzialmente ricorso contro decisione Consiglio Ordine Catania, 14 giugno 1988).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Grande Stevens, rel. Landriscina), sentenza del 11 febbraio 1992, n. 36
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 36 del 11 Febbraio 1992 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: COA Catania, delibera del 14 Giugno 1988 (sospensione)
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