Il diritto del cliente a non essere pubblicamente citato non viene meno per il fatto che le sue traversie siano state, al tempo dei fatti e dei processi, di pubblico dominio. Se è impossibile concepire un diritto alla riservatezza nel clamore comunicativo che esplode quando determinati fatti si verificano, o in occasione dei pubblici processi che li riguardano, è evidente che, passate tali evenienze, i protagonisti di esse recuperano una legittima attesa ad essere dimenticati. L’avvocato che, senza il consenso del cliente, ne cita il nome riferendo fatti che riguardano la sua vita privata e dei quali aveva avuto cognizione a causa e nell’esercizio del suo mandato professionale, viola i doveri di correttezza e di lealtà che devono informare il suo comportamento. (Accoglie parzialmente ricorso avverso decisione del C.d.O. di Roma dell’11 marzo 1993).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Landriscina, rel. Gazzara), sentenza del 4 marzo 1995, n. 24
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 24 del 04 Marzo 1995 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 12 Ottobre 1993
0 Comment