Avvocato e procuratore – Norme deontologiche – Rapporti con i magistrati – Proposizione di azione risarcitoria nei confronti dei magistrati penali incaricati di giudicare il proprio cliente durante la pendenza del procedimento e in assenza delle condizioni di proponibilità – Illecito deontologico – Censura.

L’avvocato che presti la propria opera professionale per avviare un’azione risarcitoria nei confronti dei magistrati penali incaricati di giudicare il proprio cliente, in assenza delle condizioni di proponibilità di tale azione, tiene una condotta che non è ispirata a quel rispetto delle regole di deontologia professionale che si impongono ad ogni avvocato. In particolare, nella fattispecie, non avendo rinvenuto il Consiglio nazionale forense alcun nocumento che avrebbe potuto ricevere l’azione di danno se la stessa fosse stata promossa alla conclusione del giudizio penale, ha ritenuto lecito cogliere nella sua proposizione in pendenza del giudizio stesso, l’intendimento di influire sulla decisione, contribuendo a rendere tesa la situazione tra le parti, i professionisti ed i magistrati interessati ed ha di conseguenza applicato al professionista la sanzione della censura. (Accoglie parzialmente ricorso contro decisione Consiglio Ordine Locri, 20 dicembre 1986).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Landriscina, rel. Mazzarolli), decisione del 15 giugno 1989, n. 93

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 93 del 15 Giugno 1989 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Locri, delibera del 20 Dicembre 1986
Giurisprudenza CNF

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