Il professionista che inserisca in un proprio scritto difensivo alcune frasi volte a sottolineare la slealtà del difensore dell’altra parte («e poiché non è materialmente ipotizzabile che un avvocato in buona fede, di preparazione, intelligenza e competenza normali, possa rendersi conto soltanto a questo punto della slealtà processuale del suo assistito… alla luce dell’art. 88 c.p.c. e in nome della serietà e della dignità della professione forense, l’esponente chiede che lo stesso riferisca d’ufficio i fatti al Consiglio dell’Ordine per i provvedimenti che si riterranno opportuni…»), offende l’onore del collega avversario e viene meno al decoro ed al prestigio professionale. Nella fattispecie è stata applicata la sanzione della censura. (Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Perugia, 31 maggio 1985).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Cagnani, rel. Cagnani), decisione del 18 aprile 1989, n. 67
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 67 del 18 Aprile 1989 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Perugia, delibera del 31 Maggio 1985 (censura)
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