In base alla normativa comunitaria concernente il reciproco riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione, il soggetto munito di un titolo equivalente a quello di avvocato conseguito in un Paese membro dell’Unione europea, qualora voglia esercitare la professione in Italia, dispone di due possibilità: 1) chiedere al Ministero della giustizia l’immediato riconoscimento del titolo, ai sensi del d.lgs. 9 novembre 2007 n. 206, nel qual caso egli è tenuto al superamento di apposita prova attitudinale; oppure, 2) avvalendosi del meccanismo di stabilimento e integrazione di cui al D. Lgs. 2 febbraio 2001 n. 96 (attuativo della direttiva n. 98/5/CE), chiedere l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo degli avvocati del foro nel quale intende eleggere domicilio professionale in Italia, nel qual caso egli, dopo un triennio di effettiva attività svolta d’intesa con un legale iscritto nell’albo italiano, avrà diritto ad essere iscritto nell’albo ordinario con il titolo di avvocato, senza necessità di sostenere alcuna prova attitudinale. Tale seconda modalità è disciplinata dall’art. 6 del citato D.Lgs. 96/2001 che prevede i requisiti sostanziali per l’iscrizione (la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea, la residenza o il domicilio professionale, l’attestato “di iscrizione alla organizzazione professionale dello Stato membro di origine, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione”) e il relativo procedimento.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Grimaldi, rel. Baffa), sentenza del 22 luglio 2015, n. 113
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 113 del 22 Luglio 2015 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Palermo, delibera del 28 Marzo 2013
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