L’esercizio permanente della professione d’avvocato in Italia da parte di un cittadino di uno Stato membro della CE in possesso di un titolo corrispondente a quello di avvocato, conseguito in altro Paese, è regolato dal Decreto Legislativo n. 96/2001, adottato in attuazione della direttiva 98/5/CE, la cui disciplina soggiace però al principio generale del divieto del c.d. abuso del diritto, che consiste nella volontà di ottenere, nel rispetto meramente formale delle regole, un vantaggio (quello di esercitare la professione legale in Italia, senza il superamento di un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio, prescritto dall’art.33, co.5, della Costituzione) derivante dalla normativa comunitaria mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.
Consiglio Nazionale Forense (Pres. ALPA, Rel. FERINA), sentenza del 22 settembre 2012, n. 126
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Allorio), sentenza del 15 marzo 2012, n. 50.
In arg. cfr. pure Consiglio Nazionale Forense (rel. Berruti), parere del 28 marzo 2012, n. 17; Consiglio Nazionale Forense (rel. tutti i Consiglieri), parere del 23 febbraio 2011, n. 33; Consiglio Nazionale Forense (rel. Bianchi), parere del 25 giugno 2009, n. 17.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 126 del 22 Settembre 2012 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Pisa, delibera del 08 Marzo 2011
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