Ai fini del conflitto di interessi non è sufficiente la mera condivisione dei locali con il legale di controparte

L’avvocato deve astenersi dall’accettare il mandato qualora il legale avversario faccia parte della propria società o associazione professionale ovvero eserciti negli stessi locali e vi collabori professionalmente in maniera non occasionale (art. 24 co. 5 cdf). In particolare, a differenza del codice previgente (art. 37), ove tale ultimo inciso mancava, ai fini dell’obbligo di astensione è ora necessaria una collaborazione continuativa e non occasionale tra i professionisti, la quale va provata “oltre ogni ragionevole dubbio” e non può quindi essere desunta da meri elementi presuntivi come l’uso comune di linee telefoniche e/o di servizi di posta elettronica, trattandosi di risorse logistiche neutre – a differenza della PEC – compatibili con una condivisione degli spazi di uno stesso studio riferibili anche a semplici rapporti di ospitalità e/o amicizia (Nel caso di specie, il Consiglio territoriale aveva irrogato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per due mesi al professionista che aveva assistito un soggetto convenuto in giudizio da un attore difeso da un avvocato che esercitava la professione nei suoi medesimi locali. In applicazione del principio di cui in massima, rilevato che -in base al principio accusatorio- ex actis non emergeva in modo certo che i due professionisti, oltre a condividere il locali di studio, collaborassero anche in maniera non occasionale, il CNF ha accolto il ricorso e quindi annullato la sanzione disciplinare).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Melogli), sentenza n. 22 del 22 marzo 2022

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 22 del 22 Marzo 2022 (accoglie) (assoluzione)
- Consiglio territoriale: CDD Brescia, delibera n. 42 del 14 Novembre 2018 (sospensione)
abc, Giurisprudenza CNF

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