Il Consiglio rimettente evidenzia, in particolare, che l’obbligo imposto all’avvocato, di rinunciare preventivamente a tutti gli incarichi ricevuti dal cliente, nel caso egli intenda avviare nei confronti del medesimo un’azione giudiziaria per conseguire il pagamento delle proprie prestazioni professionali, implicherebbe conseguenze particolarmente destabilizzanti se applicato anche all’avvocato dell’ente pubblico.
In questa ipotesi, infatti, la dismissione di tutti gli incarichi o mandati pregiudicherebbe la prosecuzione del rapporto con l’ente datore di lavoro.
La Commissione osserva che l’art. 34 del Codice deontologico forense si riferisce al rapporto tra avvocato e cliente privato, rispetto al quale la preventiva rinuncia agli incarichi incide sul mandato ricevuto; la regola di condotta dettata dall’art. 34 non può, tuttavia, essere estesa al punto tale da pregiudicare la stabilità del rapporto di dipendenza che connota la posizione giuridica dell’avvocato di ente pubblico. Tanto più che la disciplina dell’art. 34 si riferisce al compenso professionale, avente natura e struttura ben diversa dal trattamento economico (stipendiale) proprio dell’avvocato dipendente.
Consiglio nazionale forense (Berruti), parere 19 novembre 2014, n. 100
Quesito n. 457, COA di Ascoli Piceno
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 100 del 19 Novembre 2014- Consiglio territoriale: COA Ascoli Piceno, delibera (quesito)
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