L’Ordine di Sciacca chiede se sia consentita l’iscrizione nel Registro Speciale dei Praticanti Avvocati senza abilitazione al patrocinio di un soggetto il quale presti servizio quale dipendente presso la Sezione di P.G. Carabinieri della Procura della Repubblica di Palermo con la qualifica di P.G. e dichiari che espleterà pratica legale soltanto in materia civile e/o amministrativa.

La questione dell’iscrizione tra i praticanti avvocati di soggetti che svolgano al momento funzioni di pubblica sicurezza ha fatto oggetto, come noto, di ripetuti pronunciamenti, tanto del Consiglio in sede giurisdizionale quanto della Commissione consultiva.
Si deve senz’altro confermare il precedente e consolidato orientamento della Commissione che ravvisa nell’appartenenza alle forze dell’ordine un elemento ostativo all’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati.
Sul tema sono, infatti, intervenuti diversi pareri fin dall’anno 2000.
Orbene, ad essere incompatibile con l’esercizio delle funzioni di praticante avvocato non è la condizione di pubblico dipendente, quanto piuttosto lo status particolare cui è sottoposto l’agente e l’ufficiale di pubblica sicurezza. Su tali soggetti, infatti, grava un dovere di intervento ed un obbligo di denuncia di fatti comunque appresi che non può ritenersi conciliabile con il dovere di riservatezza cui è tenuto il praticante avvocato. Non a caso infatti, similmente ai doveri che incombono sull’avvocato, anche il regolamento che disciplina la pratica forense afferma che la pratica debba essere svolta con “…assiduità, diligenza, dignità, lealtà e riservatezza” (art. 1, D.P.R. 10 aprile 1990, n. 101). L’obbligo di riservatezza, in particolare, presenta profili di indubbia problematicità, ove si consideri che l’ispettore di P.S. ha comunque l’obbligo di rapporto, cioè il dovere di informare immediatamente i superiori e l’autorità giudiziaria competente qualora dovesse venire a conoscenza, per qualsiasi ragione, di una notitia criminis.
A ciò si aggiunge che nell’ordinamento delle forze di polizia, a carattere militare e non, sono presenti elementi di subordinazione gerarchica di entità tale da non poter essere compatibili con l’indipendenza necessaria allo svolgimento di attività forensi.
Per quanto esposto la tutela dei fondamentali doveri di segreto professionale e di fedeltà al cliente impongono di negare l’iscrizione dell’appartenente alle forze dell’ordine nel registro dei praticanti.
A nulla rileva l’esistenza di un’autorizzazione allo svolgimento della pratica forense, concessa da parte dell’amministrazione di appartenenza ai sensi dell’art. 53 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, atteso che detta autorizzazione è necessaria a tutelare l’interesse della P.A. a che il pubblico impiegato sia al suo esclusivo servizio e non percepisca compensi da terzi senza previo assenso dell’ufficio di appartenenza. Al contrario l’incompatibilità tra lo status di appartenente alle forze di polizia e la condizione di praticante avvocato scaturisce dalla necessità di tutelare il libero esercizio della funzione giudiziaria e dei diritti di difesa, che si collocano all’evidenza su di un altro piano.
Va, tuttavia, segnalata la presenza di un diverso orientamento giurisprudenziale, che ritiene il rischio di un “conflitto di appartenenza” limitato, e rimediabile con accorgimenti pratici, quale ad esempio la limitazione della pratica agli affari esenti da commistioni. Detta giurisprudenza ritiene, inoltre, che la pratica legale svolta dai predetti agenti o funzionari di P.S. possa mantenere una propria ragione anche se ad essi è preclusa la successiva iscrizione nell’albo, poiché dovrebbe esser data loro la possibilità di “precostituirsi” un titolo professionale per eventuali scelte professionali future (si veda, in tal senso, la sentenza Cass., sez. un., 26 novembre 2008, n. 28170).
La Commissione, pur nella piena consapevolezza della possibilità che il descritto orientamento giurisprudenziale si affermi ulteriormente, ritiene lo stesso privo di pregio considerando ancora attuali le preoccupazioni che hanno determinato la pluriennale contraria prassi in quanto scaturenti dalla tutela della riservatezza e della fedeltà nella difesa dei diritti dei clienti. A tutto ciò si aggiunge la considerazione che la pratica forense non può essere limitata ad alcune materie ma deve riguardarle tutte.
In conclusione, la Commissione ritiene che un dipendente dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato ovvero della Guardia di Finanza o comunque un Ufficiale di P.G. non possano essere iscritti nel Registro Praticanti proprio in funzione del rapporto con la P.A.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Morlino), parere del 28 marzo 2012, n. 20

Quesito n. 136

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 20 del 28 Marzo 2012
- Consiglio territoriale: COA Sciacca, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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