L’eventuale liceità civilistica dell’accordo sul compenso professionale non ne impedisce la sindacabilità in sede disciplinare

L’eventuale liceità civilistica dell’accordo sul compenso professionale non impedisce la sindacabilità in sede disciplinare dell’accordo stesso, sotto il profilo dell’adeguatezza e della proporzionalità in relazione all’attività svolta, tali criteri costituendo vincolo comportamentale essenziale per l’avvocato in base ai fondamentali doveri di probità e correttezza, a difesa del cliente e della dignità e decoro della professione (Nel caso di specie, nell’anno 2010 l’avvocato aveva fatto sottoscrivere al cliente un patto di quota lite, determinata in 1/3 dell’importo liquidato dall’assicurazione quale risarcimento del danno causato dalla morte del congiunto, importo che risultava tre volte superiore al compenso massimo determinato secondo le tariffe professionali vigenti, ciò pure considerando tutti gli eventuali aumenti ivi previsti).

Corte di Cassazione (pres. Raimondi, rel. Cirillo), SS.UU, sentenza n. 6002 del 4 marzo 2021
NOTA:
In senso conforme, per tutte, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Baffa), sentenza n. 153 del 3 agosto 2020. Per converso, la rilevanza deontologica del compenso sproporzionato non comporterebbe una nullità civilistica del relativo patto, ma una eventuale riconduzione ad equità dello stesso (Corte di Cassazione, Sez. III Civ., sentenza n. 17726 del 6 luglio 2018) ovvero una sua inefficacia ai sensi degli artt. 33-34 Codice Consumo (Corte di Cassazione, Sez. II Civ., ordinanza n. 30837 del 26 novembre 2019).

abc, Giurisprudenza Cassazione

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