L’attacco hacker non comprovato da certificazione tecnica non giustifica la rimessione in termini

L’istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 cpc) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, con relativo onere della prova a carico dell’istante, non essendo all’uopo sufficiente una mera allegazione difensiva del tutto priva di alcun riscontro probatorio (Nel caso di specie, l’incolpato aveva proposto tardivamente l’appello avverso la decisione del CDD, chiedendo tuttavia la rimessione in termini sulla scorta di un’asserita intrusione informatica che gli avrebbe impedito di consultare la PEC. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF -rilevata l’assenza di qualsivoglia documentazione tecnica a supporto- ha respinto l’istanza in parola e quindi dichiarato l’inammissibilità del gravame).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Favi), sentenza n. 147 dell’11 luglio 2023

NOTA:
Sulla irrilevanza di mere difficoltà tecniche, che non integrano il requisito della non imputabilità assoluta ai fini della rimessione in termini (nella specie, casella PEC piena), cfr. Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Giraudo), sentenza n. 34 del 7 marzo 2023.

Classificazione

- Decisione: [non classificata]
- Consiglio territoriale: CDD, delibera
Evidenza

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