Nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare, definite dalla legge mediante una clausola generale (abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale), è rimessa all’Ordine professionale, mentre il controllo di legittimità sull’applicazione di tali norme non consente alla Corte di cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell’enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza. (Alla stregua del principio di cui alla massima, è stata confermata la decisione del C.N.F. relativa alla irrogazione di sanzione disciplinare nei confronti dell’avvocato che: aveva notificato atto di precetto alla controparte contumace e parzialmente soccombente intimando il pagamento in proprio favore, quale anticipatario, di spese e competenze maturate per l’attività svolta dopo il deposito della sentenza ed aveva richiesto ai danni del medesimo pignoramento mobiliare, nonostante quest’ultimo avesse già riconosciuto al legale l’importo dovuto mediante assegno circolare trasmessogli con raccomandata, ponendo in essere attività ritenute dal C.N.F. passibili di essere valutate come persecutorie verso la controparte, costretta ad un esborso notevolmente superiore a quello dovuto originariamente; aveva trattenuto somme consegnategli fiduciariamente perchè estinguesse un debito verso terzi, esponendo il cliente a procedura esecutiva, cui si era opposto, ad insaputa del cliente stesso, e senza il rilascio di mandato.)
Cassazione Civile, sez. U, 13 luglio 2005, n. 14700- Pres. Nicastro G- Rel. Mensitieri A- P.M. Martone A (Conf.)
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