Il carattere formalmente unilaterale di una dichiarazione, rilasciata dal cliente all’avvocato in occasione del conferimento di un incarico professionale ed attinente al compenso del professionista, non rende giuridicamente ingiustificata la conclusione cui pervenga in sede di giudizio disciplinare il Consiglio nazionale forense, il quale, in considerazione del contesto in cui si collochi l’assunzione dell’obbligazione, compia una valutazione complessiva delle pattuizioni e ritenga la sussistenza di un patto di quota lite, inidoneo per la sua nullità a norma dell’art. 2233, terzo comma, cod. civ. a giustificare l’appropriazione da parte del professionista di un’ingente somma di spettanza del cliente. E in relazione a una simile qualificazione deve ritenersi priva di rilevanza la disciplina sulle donazioni del diritto nazionale del cliente cittadino straniero, nonostante il rinvio dell’art. 56, legge n. 218 del 1995, alla legge nazionale del donante. (Nella specie la dichiarazione, rilasciata da una cittadina statunitense vittima di un incidente stradale, prevedeva il diritto dell’avvocato a trattenere dal risarcimento conseguito l’importo eccedente una somma predeterminata di modesta entità rispetto al risarcimento effettivo).
Cassazione Civile, sentenza del 21 dicembre 1999, n. 919, sez. U- Pres. Bile F- Rel. Sabatini F- P.M. Dettori P (conf.)
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