Le decisioni che il Consiglio Nazionale Forense adotta in sede disciplinare devono essere adeguatamente motivate per non incorrere nel vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. (richiamato dal quarto comma dello stesso articolo, come risultante a seguito delle modifiche introdotte per effetto dell’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) e, al riguardo, devono porre riferimento a tutte le circostanze di fatto prese in considerazione per giustificare la legittimità e la congruità della sanzione disciplinare, ragion per cui si appalesa insufficiente la motivazione del provvedimento in cui il predetto Consiglio si limiti a richiamare genericamente gli atti istruttori penali relativi alla vicenda rilevante anche sul piano disciplinare e i fatti inerenti ad una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nei confronti del destinatario della sanzione disciplinare. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del principio enunciato, ha cassato con rinvio la decisione disciplinare adottata nei riguardi del ricorrente, siccome fondata su una motivazione meramente apparente, incentrata sull’affermazioni apodittiche, che si erano risolte nella constatazione che la sola imputazione dei reati di concussione e ricettazione era da reputarsi un elemento sufficiente ad integrare un capo di incolpazione e aveva costituito, di per sé, un fatto notorio tale da provocare clamore nell’opinione pubblica e discredito per la classe forense, prescindendo, però, da qualsiasi riscontro obiettivo). (Cassa con rinvio, Cons. Naz. Forense Roma, 22 Marzo 2006)
Cassazione Civile, sez. Unite, 07 dicembre 2006, n. 26182- Pres. PRESTIPINO Giovanni- Est. VITRONE Ugo- P.M. PALMIERI Raffaele
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