L’art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, che, con disposizione di carattere eccezionale, della quale non è pertanto consentita una interpretazione analogica, prevede le ipotesi di deroga al principio dell’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato e procuratore con la qualità di lavoratore subordinato, non è applicabile ai professionisti che prestino la loro opera, come lavoratori subordinati, presso l’ufficio legale della RAI, atteso che la RAI, strutturata come società per azioni, è pur sempre un ente privato, nonostante il fatto che, a norma dell’art. 47 della legge 14 aprile 1975 n. 103, tutte le azioni siano in mano pubblica. Né rileva in contrario che l’art. 3 della citata legge n. 103 del 1975 definisca la RAI come società d’interesse nazionale ai sensi dell’art. 2641 cod. civ., e che il D.P.R. 11 agosto 1975 n. 452, nonché la legge 6 agosto 1990 n. 223, l’abbiano definita come concessionaria pubblica sottoponendola a penetranti controlli, atteso che l’attività della RAI, in quanto ente privato, non è assistita dalla presunzione di legittimità e non è sottoposta al vincolo del buon andamento e dell’imparzialità posto dall’art. 97 Cost., e atteso altresì che il perseguimento dell’interesse nazionale da parte di una società per azioni si attua con mezzi e modalità squisitamente privatistici.
Cassazione Civile, sentenza del 26 novembre 1996, n. 10490, sez. U- Pres. Bile F- Rel. Genghini M- P.M. Morozzo Della Rocca F (Conf.)
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