La competenze del COA nel caso di responsabilità disciplinare dell’avvocato comunitario che svolga la professione in Italia

L’avvocato comunitario che intende svolgere la sua attività professionale in Italia (o anche in Italia) ha attualmente la possibilità o di chiedere al Consiglio dell’Ordine l’iscrizione nel registro di cui all’art. 12 legge n. 31/1982, attuativa della direttiva CEE n. 77/249, per lo svolgimento dei servizi (e in tal caso gli sarà possibile svolgere in Italia attività forense in forma temporanea o occasionale senza carattere di continuità e perciò con divieto di stabilirvi la sede principale o secondaria del proprio studio), oppure di richiedere l’iscrizione all’Albo, ai sensi della legge n. 115/1992, attuativa della direttiva CEE n. 48/1988, previo il riconoscimento del proprio titolo di studio da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e il superamento di una prova attitudinale dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (e in tal caso gli sarà consentito l’esercizio stabile della professione forense in Italia); ne consegue che chi abbia ottenuto l’iscrizione al registro di cui alla legge n. 31/1982 per la prestazione dei servizi, e tuttavia abbia svolto in Italia in modo non occasionale ma stabile e continuativo la professione forense presso un proprio domicilio professionale, può essere ritenuto disciplinarmente responsabile dal Consiglio dell’Ordine, a nulla rilevando, ai fini della soggezione a sanzione disciplinare, la non iscrizione dell’avvocato all’albo, posto che, per l’art. 11 legge n. 31/1982 citata, i cittadini comunitari iscritti al registro ex art. 12 legge cit. sono pur sempre soggetti, per ogni violazione della suddetta legge relativa alla libera circolazione dei servizi, al potere disciplinare del Consiglio dell’Ordine competente per territorio.

Cassazione Civile, Sez. U, sentenza 18-03-1999, n. 146, Pres. Favara F- Rel. Giannantonio ER- P.M. Dettori P (Conf.)

Giurisprudenza Cassazione

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