Incompatibile con la professione forense l’avvocato condannato per corruzione in atti giudiziari

Il comportamento dell’avvocato, condannato con sentenza penale definitiva per un episodio corruttivo tanto grave da entrare nella storia della Repubblica quale esempio paradigmatico di corruttela a varii livelli, lede l’immagine e la dignità dell’intero ceto forense ed è totalmente incompatibile con il giuramento e l’impegno solenne di cui all’art. 8 L. n. 247/2012, sicché non può che portare all’applicazione della sanzione disciplinare più grave per l’assoluta violazione dei principi di lealtà, probità, dignità, decoro e diligenza (Nel caso di specie, il professionista era stato condannato per corruzione in atti giudiziari, con amplissima eco mediatica ed allarme sociale, perché, in concorso con magistrati ed appartenenti ad uffici giudiziari, aveva intermediato tra costoro ed un terzo, ricevendo somme da destinarsi ai predetti pubblici ufficiali, affinché violassero i loro doveri di imparzialità. In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha respinto il ricorso proposto avverso Consiglio Nazionale Forense – pres. Mascherin Andrea, rel. Picchioni Giuseppe – sentenza n. 74 del 1 giugno 2017 che aveva ritenuto congrua la sanzione disciplinare della radiazione).

Corte di Cassazione (pres. Canzio, rel. Scarano), SS.UU, sentenza n. 29878 del 20 novembre 2018

abc, Giurisprudenza Cassazione

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