Illecito disciplinare a forma libera o “atipico”: la violazione dei doveri di probità, dignità e decoro non è esclusa dalla sanzionabilità

Il nuovo Codice Deontologico Forense è informato al principio della tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante e delle relative sanzioni, “per quanto possibile” (art. 3, co. 3, L. 247/2012), poiché la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare non ne consente una individuazione dettagliata, tassativa e non meramente esemplificativa. Conseguentemente, la mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione non genera l’immunità, giacché è comunque possibile contestare l’illecito anche sulla base della citata norma di chiusura, secondo cui “la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza” (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso Consiglio Nazionale Forense -pres. f.f. Picchioni, rel. Del Paggio-, sentenza del 30 dicembre 2016, n. 382).

Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Chindemi), SS.UU, sentenza n. 31227 del 29 dicembre 2017

Classificazione

- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 31227 del 29 Dicembre 2017 (respinge)
- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 382
abc, Giurisprudenza Cassazione

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